Quest'oggi ThrillerPages ha avuto il piacere di incontrare e intervistare lo scrittore Jean Christophe Casalini, autore del thriller "Otto - Luce e Ombra" (Edito da Vertigo) che sta riscuotendo ottimo successo di pubblico e critica. Acquista il libro
D) Buongiorno Jean Christophe. Come definirebbe “Otto”?
R) Otto è un uomo come noi, con le proprie aspettative e i desideri, con i propri difetti e debolezze. Soccombe di fronte agli insuccessi senza avvedersi che una passione non significa per forza di cose avere un talento. Deluse le aspettative di Anna, la sua compagna che ha coinvolto nel suo progetto professionale, nel suo caso attinente all’arte dell’illusionismo, egli si ritrova a dover fronteggiare il proprio riflesso che comincia a manifestare una propria autonomia fino a proporgli un patto diabolico con la promessa del successo e dell’amore.
D) Più Luci o più ombre? Che rapporto c'è?
R) Otto si scardina in più entità tra materia, luce e ombra.
Il successo del mago diventa globale grazie alle intrinseche peculiarità di ogni entità abilmente coordinate sul palco e sui socials. Attraverso la luce e l’ombra, Otto esalta la sua presenza-assenza in scena. L’illusione è tale da spingere il pubblico ad adorare il nuovo Angelo della Luce caduto dal cielo. Inoltre, l’impossibilità di Otto di essere ripreso dalle telecamere e dalle macchine fotografiche spingono i fans a ‘viralizzare’ presunti filmati di incontri sessuali in pose solitarie perché il mago non appare mai. Il paradosso del successo mediatico di Otto è nella sua conclamata invisibilità.
D) Quanto del suo vissuto artistico c'è nel libro?
R) Da produttore di audiovisivi, ho trovato interessante aggiungere al mio scritto una impostazione cinematografica. Non a torto, si può ritenere ‘Otto – Luce e Ombra’ un film scritto. Il mio background di compositore e sound designer hanno aggiunto al mio modo di scrivere un senso del ritmo, lento e ricercato nei momenti psicologici e filosofici, sostenuto invece nelle azioni. Inoltre, ho volutamente spezzato la linearità cronologica della storia, grazie ai salti temporali dei ricordi, stile flashback tipici nelle sceneggiature, o stile break spot pubblicitari che hanno aggiunto al racconto attimi di pausa e, soprattutto, ne hanno allungato la suspense fino alla sua massima tensione.
D) Quanto del suo vissuto di vita?
R) Molto. Nel romanzo è estremizzato. A cominciare dal mio terrore di ferirmi per il neo che ho sul collo quando mi rado. Oppure, il vissuto più drammatico, quando ho visto fallire il mio matrimonio. Quando Otto viene lasciato da Anna, egli esperimenta dapprima la disperazione poi il vuoto che ho provato io stesso dentro al quale sono riuscito a ritrovare il mio ‘sé’ e, da questo, a ricominciare una nuova esistenza libero da ogni sofferenza. Oppure quando descrivo il compromesso tra Otto e il riflesso diabolico. La vita ci porta ad accettare continue accettazioni se vogliamo andare avanti rispettando le libertà altrui. Un compromesso non ha nulla di esecrabile se si tratta di qualcosa di personale, come il modificare il proprio atteggiamento alla vita restando fedeli al proprio essere. Pure l’ascolto presuppone una disposizione dell’individuo nel modificare il proprio pensiero e il proprio credo di fronte ad argomentazioni e motivazioni valide. Diffido di chi racconta di non aver mai accettato un patteggiamento con se stessi o con gli altri perché è segno di una persona ferma, conservatrice, statica non incline al miglioramento.
D) Da dove ha preso spunto per scrivere Otto?
R) Il nostro senso visivo e, di conseguenza, il nostro cervello sono traditi dal fatto che interpretiamo il colore non attraverso la luce assorbita dalla materia, ma da quella riflessa. Ergo, vediamo l’esatto contrario della realtà. Da questa considerazione, più volte guardandomi allo specchio, ho scherzato con il mio riflesso come se fosse il mio essere opposto, compresa la struttura neuronale e organica dentro di me. Mi sono chiesto: ‘Cosa succederebbe se il mio alter ego luminoso uscisse dal suo piano? Di conseguenza anche l’Ombra? La fantasia ha fatto il resto.
D) Fondamentale nel suo libro sono le caratterizzazioni dei personaggi, da dove trae ispirazione?
R) Ognuno di noi è un universo originale da esplorare. Mi piace interagire con tutti. Ho imparato sin da piccolo ad ‘ascoltare’ e a comprendere le opinioni degli adulti a cominciare dai set di mio padre, regista. Vi si affaccendavano manovali, artisti, artigiani, attori che mi hanno consentito di comprendere le varie psicologie e i diversi approcci alla vita. Inoltre, nei silenzi piacevoli di mia madre, pittrice, che utilizzava per entrare in empatia con gli altri, ho imparato a percepire nel body language e negli sguardi le sfumature che esternano gli stati d’animo. Aggiungerei la mia esperienza di produttore con i vari registi con i quali mi diverto sempre a identificare gli stereotipi dei personaggi utili alla storia o alla promozione di un prodotto che vanno compresi dal pubblico in pochi secondi di uno spot.
D) Qual è stato il passaggio più difficile nella stesura del romanzo?
R) Avevo una grande idea, ma non sapevo all’inizio come ‘traslitterarla’ in un romanzo nonostante io abbia sempre lavorato con le parole come compositore di jingles, sceneggiatore e produttore di radiocomunicati. Amo le sfide, il romanzo mi ha richiesto una impostazione diversa dal mio solito. Ho avuto una partenza molto rigida, poi corretta grazie all’apporto di professionisti attraverso le varie analisi di scrittura. Superato il rodaggio, ho cominciato a scrivere in modo fluido e scorrevole fino alla definizione finale del romanzo. Chiusa l’ultima versione, ero finito nella trappola delle piccole modifiche maniacali. Ringrazio l’editore, la correttrice di bozze, amici e parenti che mi hanno spronato a pubblicare il romanzo.
D) Che consigli darebbe a chi vuole intraprendere la carriera di scrittore?
R) Devo ancora dimostrare con grande umiltà di essere uno scrittore lungimirante e affermato. Posso raccontare la mia esperienza ancora in corso. Noto che c’è una possibilità incredibile nel self publishing. Ma temo che vedremo sviluppi positivi ulteriori solo quando si apriranno anche le porte della self-distribution nel grande circuito cartaceo, cosa che ancora oggi vedo ad appannaggio degli editori più strutturati che giustamente difendono il loro mercato. Non si può ancora parlare di democrazia letteraria. Questo è e sarà il limite della cultura che deve sottostare ad una logica economica. Tuttavia ho dovuto riconoscere la valenza del supporto professionale di analisti, editors, correttori di bozze che possono aiutare lo scrittore nello sviluppo della propria opera. Inoltre suggerisco di non sottovalutare la promozione. Non potendo attingere ai grandi canali promozionali mediatici sono entrato in contatto con la comunità dei bloggers letterari, alcuni davvero ammirevoli per la passione nel loro lavoro; essi sono i veri paladini della libertà di opinione e della condivisione culturale emergente che consentono ai talenti nascosti di venire allo scoperto.
D) Quali autori considera come Maestri?
R) Tra i classici del gotico / horror direi Lovecraft, Shelley, Tolker, Poe, Wells, Kafka.
Tra quelli di fantascienza ringrazio di essere esistiti i vari Verne, Asimov, Huxley, Bradbury, Clarke.
D) I suoi scrittori di thriller preferiti?
R) Le Carré, Grisham, Faletti e Nesbø
D) Il miglior libro che abbia mai letto?
R) Ne cito due: ‘Il silenzio degli innocenti’ di T. Harris
‘Io, Robot’ di I. Asimov.
D) Progetti futuri?
R) Sto lavorando sul secondo romanzo che conferma il mio genere narrativo gotico, demoniaco, thriller e visionario. Questa volta con una connotazione più fantascientifica. Nel frattempo sto curando la versione francese di Otto – Luce e Ombra con una traduttrice. Valuterò inoltre il seguito della storia di cui ho già una scaletta degli eventi.
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