domenica, aprile 21

TOPKAPI a cura di Stefano Di Marino

Jules Dassin torna nel 1964 a dirigere un caper, ma con ambientazioni e ispirazione completamente differente da Rififi. Alla base c’è il romanzo di Erci Ambler, oggi forse un po’dimenticato maestro del thriller e della spy story , amato da Ian Fleming e dal suo eroe. Il tono generale è quello della commedia, supportata soprattutto dalla verve di Melina Mercuri e di Peter Ustinof, oltre che da altri ottimi caratteristi come Maximilian Schell e Peter Morley. Come si intuisce già dal titolo il bersaglio è il famoso Topkapi, la sala del tesoro del sultano di Istanbul, e in particolare un favoloso pugnale kanjar, incastonato con diamanti e smeraldi di eccezionale valore. La difficoltà si presenta prima di tutto sotto forma dei sistemi di allarme che impongono un’acrobatica operazione di equilibrismo per sostituire il vero pugnale con un falso senza scatenare un pandemonio e poi uscir e dal paese senza farsi beccare. Schell, ladro di origine svizzera, preciso e affascinante come uno 007 del crimine, organizza il ‘colpo’ secondo le regole del furto: Programmare con efficienza, Eseguire con accuratezza e Non farsi beccare mai  prima, durante o dopo.
Considerato che né lui né la bella Melina hanno precedenti, anche il resto della banda deve essere incensurato per non indirizzare le successive indagini della polizia verso ‘i soliti noti’. Viene così reclutato un esperto in meccanismi di precisione, un giovane acrobata muto e un ‘uomo forzuto’ in grado di sorreggerlo in quella che diventerà una sequenza di riferimento per decine di altri film, Mission Impossible compreso. Ci vuole poi il ‘merlo’, un personaggio buffo e pasticcione che esegua la parte più pericolosa sotto gli occhi della polizia senza destare sospetti. Ecco quindi reclutato Simpson (Ustinov) un briccone anglo egiziano che campa di piccole truffe ed espedienti. Disgraziatamente viene fermato alla frontiera e individuato dai servizi segreti turchi convinti che lavori per un gruppo di pericolosi terroristi. Costretto a fare il doppio gioco, il povero Simpson finisce poi aver dover sostenere una parte indispensabile considerato che il  ‘forzuto’ si rompe le mani. Non sarebbe nelle sue corde fare l’eroe ma bastano pochi sguardi di Elizabeth (Melina Mercuri) per sciogliergli il cuore e convincerlo a passare definitivamente dalla parte dei ladri. La fase della preparazione procede speditamente, con sempre nuovi problemi e brillanti soluzioni inventate da Schell e dalla Mercuri. I servizi segreti, rappresentati da un sinistro personaggio con baffetti e occhiali neri, che incarna perfettamente ilo sbirro levantino, finiscono per non capirci più niente. In questa parte del film gioca magnificamente il ritratto colorito di Istanbul. Siamo negli anni di Dalla Russia con Amore e la capitale turca assume  con  le sue case di legno, le lussuose ville sul Bosforo, il bazar, gli spettacoli di lotta e le moschee le caratteristiche di un mondo incantato, un po’ in equilibro tra est e ovest, scenario perfetto per il colpo del secolo. L’esecuzione di questo arriva al momento culminante. Qui si stempera la commedia e si entra in un territorio dominato dalla precisione e dalla suspense. Le acrobazie del giovane saltimbanco, il delicato gioco di pesi e contrappesi, di inganni e sotterfugi vengono ripresi con genialità. Come è ormai consuetudine, pochissimi suoni durante l’esecuzione e qualche intoppo risolto per miracolo. Restano però ingabbiati nella sala due uccellini che con il loro peso faranno scattare l’allarme. E così i nostri, ormai sulla via della fuga, coperti da un complice proprietario di un circo, finiscono in gabbia realizzando la famosa regola che…il crimine non paga. Trattandosi però di una commedia il finale non poteva essere troppo amaro. Ed è infatti alla vigilia della fine della pena che Melina propone alla sua ormai indissolubile squadra di ladri un nuovo colpo. Li vediamo tutti in una riuscita sequenza di titoli di coda, avviarsi tra le innevate cupole del palazzo del Cremlino, pronti a realizzare il furto dei gioielli dei Romanov.

Articolo a cura di Stefano Di Marino/Stephen Gunn

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