Melodie au sous sol è il titolo originale di questo caper francese del 1963 diretto da Henri Verneuil che affronterà in seguito le stesse tematiche del ‘nero da rapina’ con uno sguardo ben più cupo, ispirato da LeBreton in Il clan dei siciliani. Qui è coadiuvato dallo specialista Simonin che sceneggia dal romanzo The Big Grab di Zekial Marko. Un film godibilissimo ed esemplare di quella branca del filone che, se pure destina il colpo al fallimento, mette in scena quasi una commedia. Charles, l’attempato ma sempre gagliardo Gabin, esce di prigione e torna a Les Sourcelles nella banlieue parigina. Non riconosce il vecchio quartiere diventato un labirinto di casermoni popolari… chissà che direbbe oggi se sapesse che è diventato un ghetto teatro di feroci battaglie etniche. Malgrado gli anni al ‘gabbio’, Charles di farsi una vita comoda con la moglie che lo ha atteso pazientemente non ci pensa proprio. Ha infatti elaborato un piano a per svaligiare un prestigioso casinò di Nizza con l’aiuto di Mario che ne conosce ogni segreto. Mario, compagno di galera uscito qualche anno prima, però si fa indietro.
La salute manca e la moglie gli ha messo su un bagno pubblico che intuiamo copertura per meretrici e altre piacevolezze in grado di garantirgli una vecchiaia serena. Del resto non beve, non fuma e scatta sull’attenti ogni volta che la megera blatera. Charles, al contrario, non ha perso nulla dell’antica ribalderia. Arruola quindi il giovane Francis (un Alian Delon molto blouson noir che qui incontra per la prima volta il vecchio leone del cinema d’oltralpe) e il cognato di questi che farà da spalla, o meglio da autista. Sì, perché il piano prevede una lunga preparazione durante la quale, separatamente, Charles e Francis, con false identità e coperture ‘di lusso’, dovranno infiltrarsi nel bel mondo che ruota intorno al casinò. Fondamentale è che Francis reciti bene il suo ruolo di giovane ricco e donnaiolo e, oltre ad avere accesso alle grazie di una delle ballerine dello spettacolo del locale, possa entrare e uscire a piacimento nei camerini e da là sul tetto. Niente violenze se non l’indispensabile ma un abile lavoro di squadra per sorprendere all’ultima sera della stagione il proprietario e i suoi contabili nel caveau del casinò. Tutto procede bene, diretto e sceneggiato con mano agile. Il giovane fa il suo dovere e forse ha una piccola delusione quando la ballerina svedese che ha corteggiato per tutta la stagione sceglie, per assicurarsi l’inverno, di partire con il vecchio riccone che le promette pellicce e agi. Resta un po’ a guardarla in palcoscenico, Francis, fotografato da un paparazzo a sua insaputa. Particolare al momento ininfluente ma che, in seguito, creerà un bel pasticcio. il colpo comunque riesce alla perfezione e, come previsto, il malloppo viene nascosto in due valigie da turista in uno sgabuzzino della cabina che Francis ha affittato per tutta la stagione. I guai cominciano il mattino dopo quando i giornali titolano la spettacolare rapina da un miliardo. Purtroppo, e del tutto casualmente, campeggia in prima pagina la foto del casinò in cui appare quasi in primo piano il bel Francis. Se mai la polizia dovesse risalire alla sua vera identità sarebbero guai. Charles e Francis si accordano allora per recuperare il malloppo e farlo sparire al più presto, ma l’operazione è tutt’altro che semplice visto che polizia e funzionari del casinò sono dappertutto. Considerato che la foggia delle borse è l’unico indizio che il proprietario del locale rammenta e i poliziotti vi si sono attaccati con accanimento, il giovane fa la bella pensata di calare i due sacchi nel fondo della piscina. Si siede poi con l’aria dell’innamorato sconsolato di fine stagione. Dall’altro lato della piscina Charles frigge scrutando la scena da dietro gli occhiali neri. Finalmente la polizia se ne va. Non resta che recuperare il grisbì ma… una delle borse si apre e centinaia di banconote emergono a galla ricoprendo la piscina. Colpo decisamente fallita. Con questa beffa termina un film che è quasi una rilettura di Colpo Gorsso con Sinatra e Dean Martin ma con un gusto tutto europeo. Rispetto al film americano gli attori si riducono a due, e ciò è un bene perché ancora oggi Delon/Gabin risulta una coppia affiatatissima e brillante. Anche se la legge non scritta che impone che il crimine non paghi è rispettata i nostri probabilmente ce la faranno. Un finale più noir sarebbe stato fuori luogo e del resto nel ritratto della mala francese di questa pellicola mancano assolutamente toni disperati presenti in altri lavori del genere. Una coniugazione in chiave più disinvolta e meno drammatica dei canoni del genere.
La salute manca e la moglie gli ha messo su un bagno pubblico che intuiamo copertura per meretrici e altre piacevolezze in grado di garantirgli una vecchiaia serena. Del resto non beve, non fuma e scatta sull’attenti ogni volta che la megera blatera. Charles, al contrario, non ha perso nulla dell’antica ribalderia. Arruola quindi il giovane Francis (un Alian Delon molto blouson noir che qui incontra per la prima volta il vecchio leone del cinema d’oltralpe) e il cognato di questi che farà da spalla, o meglio da autista. Sì, perché il piano prevede una lunga preparazione durante la quale, separatamente, Charles e Francis, con false identità e coperture ‘di lusso’, dovranno infiltrarsi nel bel mondo che ruota intorno al casinò. Fondamentale è che Francis reciti bene il suo ruolo di giovane ricco e donnaiolo e, oltre ad avere accesso alle grazie di una delle ballerine dello spettacolo del locale, possa entrare e uscire a piacimento nei camerini e da là sul tetto. Niente violenze se non l’indispensabile ma un abile lavoro di squadra per sorprendere all’ultima sera della stagione il proprietario e i suoi contabili nel caveau del casinò. Tutto procede bene, diretto e sceneggiato con mano agile. Il giovane fa il suo dovere e forse ha una piccola delusione quando la ballerina svedese che ha corteggiato per tutta la stagione sceglie, per assicurarsi l’inverno, di partire con il vecchio riccone che le promette pellicce e agi. Resta un po’ a guardarla in palcoscenico, Francis, fotografato da un paparazzo a sua insaputa. Particolare al momento ininfluente ma che, in seguito, creerà un bel pasticcio. il colpo comunque riesce alla perfezione e, come previsto, il malloppo viene nascosto in due valigie da turista in uno sgabuzzino della cabina che Francis ha affittato per tutta la stagione. I guai cominciano il mattino dopo quando i giornali titolano la spettacolare rapina da un miliardo. Purtroppo, e del tutto casualmente, campeggia in prima pagina la foto del casinò in cui appare quasi in primo piano il bel Francis. Se mai la polizia dovesse risalire alla sua vera identità sarebbero guai. Charles e Francis si accordano allora per recuperare il malloppo e farlo sparire al più presto, ma l’operazione è tutt’altro che semplice visto che polizia e funzionari del casinò sono dappertutto. Considerato che la foggia delle borse è l’unico indizio che il proprietario del locale rammenta e i poliziotti vi si sono attaccati con accanimento, il giovane fa la bella pensata di calare i due sacchi nel fondo della piscina. Si siede poi con l’aria dell’innamorato sconsolato di fine stagione. Dall’altro lato della piscina Charles frigge scrutando la scena da dietro gli occhiali neri. Finalmente la polizia se ne va. Non resta che recuperare il grisbì ma… una delle borse si apre e centinaia di banconote emergono a galla ricoprendo la piscina. Colpo decisamente fallita. Con questa beffa termina un film che è quasi una rilettura di Colpo Gorsso con Sinatra e Dean Martin ma con un gusto tutto europeo. Rispetto al film americano gli attori si riducono a due, e ciò è un bene perché ancora oggi Delon/Gabin risulta una coppia affiatatissima e brillante. Anche se la legge non scritta che impone che il crimine non paghi è rispettata i nostri probabilmente ce la faranno. Un finale più noir sarebbe stato fuori luogo e del resto nel ritratto della mala francese di questa pellicola mancano assolutamente toni disperati presenti in altri lavori del genere. Una coniugazione in chiave più disinvolta e meno drammatica dei canoni del genere.
Articolo a cura di Stefano Di Marino/Stephen Gunn
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