Mimino lavora nel cimitero di un paese tra le province di Brindisi e Lecce, ha un rapporto pratico e malato con le salme che gli vengono affidate: conosce i morti di tutti, è l’ultimo a guardarli prima di sigillarne il feretro, nel suo lavoro detrae nuovamente dagli affetti dei condolenti la presenza del corpo, che viene, per mano sua, definitivamente separato dalla luce, occultato alla vista e alla vita che c’è intorno. Quando fila tutto liscio il lavoro del guardiano dei morti si limita a questo, ma Mimino, segnato nel profondo dalla recente dipartita del padre, si ammala di una malattia che lo spinge ad atti, a dir poco, empi e scellerati. Ma è nel mondo dei vivi, in quel tratto di sud appartato e distante dal resto dell’Italia, che si compiono le nefandezze più deleterie. In una realtà in cui non esistono personaggi positivi e il malavitoso locale è considerato alla stregua di un santo, Giuseppe Merico ambienta questa vicenda cupa, alternando prima e terza persona nella narrazione e intersecando i piani temporali.
La sua prosa pulita, priva di leziosaggini lessicali volte a impressionare il lettore, turba e disturba, ma allo stesso tempo dispone a una premurosa indulgenza nei confronti di alcuni dei protagonisti, amnistiati dall’enorme peso di tare fisiche e psichiche. Mimino è portatore dei morti, non della morte, e la sua dolorosa esperienza di vita lo persuade a considerare che la condizione dei decadenti non è preferibile a quella dei decaduti. In questo corposo e coinvolgente romanzo l’introspezione e l’intrattenimento giocano un ruolo alla pari, come i due mondi che vi sono descritti, quello momentaneo e quello definitivo.
Recensione a cura di Michele Fiano
TRAMA: Mimino lavora nel cimitero di un piccolo paese della Puglia. Ha appena perso il padre e vive con la madre: un'anziana che soffre di elefantiasi e per questo ha bisogno di cure continue. Un giorno, il custode del cimitero muore in circostanze misteriose, lasciando da solo Mirko, un bambino affetto da un grave disagio psichico. Non essendoci più nessuno a occuparsi del piccolo, Mimino decide di prenderlo con sé.La sua prosa pulita, priva di leziosaggini lessicali volte a impressionare il lettore, turba e disturba, ma allo stesso tempo dispone a una premurosa indulgenza nei confronti di alcuni dei protagonisti, amnistiati dall’enorme peso di tare fisiche e psichiche. Mimino è portatore dei morti, non della morte, e la sua dolorosa esperienza di vita lo persuade a considerare che la condizione dei decadenti non è preferibile a quella dei decaduti. In questo corposo e coinvolgente romanzo l’introspezione e l’intrattenimento giocano un ruolo alla pari, come i due mondi che vi sono descritti, quello momentaneo e quello definitivo.
Recensione a cura di Michele Fiano
Assistiamo così al comporsi di una famiglia insolita, alla quale si aggiunge Carmela, la prostituta del paese che l'uomo vorrebbe come sua compagna. In questo contesto, Mimino sembra incapace di elaborare il lutto per suo padre. E, costretto al contatto quotidiano con i cadaveri, sviluppa una forma di attenzione morbosa nei confronti di tutti i defunti, che lo porta a profanare i loro corpi.
Intanto, fuori dal cimitero, in un Salento gretto e provinciale, il paese è vittima di un antico conflitto tra due uomini di mafia, due fratelli che si rivaleggiano a colpi di auto bruciate, santini e omicidi. A indagare sulla faida, ci sono due poliziotti mandati dalla capitale e destinati ad avere un ruolo nelle vite degli altri personaggi. Pagina dopo pagina, si compone così un romanzo nerissimo, gotico e terribile, ma anche capace di mostrare al lettore speranza, bellezza e grande umanità: una luce sempre presente, anche quando tutto sembra volgere al peggio.
«Con il freddo bisturi della sua penna, Giuseppe Merico aggredisce la materia incandescente dei legami di sangue e dell'abiezione sociale, restituendoci un Sud che è al tempo stesso Archetipo e Rivoluzione. I suoi personaggi sono anime dolenti votate all'autodistruzione, cattivi non per imprinting genetico quanto piuttosto per una indomita vocazione alla sconfitta. Attraverso una lingua asciutta, Merico ci racconta degli angoli neri nascosti sotto le cose, per mostrarcene l'indecifrabile malia». (Omar Di Monopoli)
Titolo Il guardiano dei morti
Autore Giuseppe Merico
Prezzo di copertina € 18,00
Dati 2012, 384 p., rilegato
Editore Perdisa Pop
Giuseppe Merico è nato nel 1974 a San Pietro Vernotico, tra Brindisi e Lecce, e vive a Bologna. Scrive per la rivista letteraria «Argo», ha pubblicato la raccolta di racconti Dita amputate con fedi nuziali (Giraldi, 2007) e il romanzo Io non sono esterno (Castelvecchi, 2011). Il suo blog è www.scrivoeleggo.com.
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