Recensione a cura di Andre Schiavone
“L'uomo dei temporali” di Angelo Marenzana (Rizzoli Editore) è il thriller recensito oggi da ThrillerPages. Clicca qui e leggi trama e note sull'autore
Dal coacervo di quella letteratura di genere che è il giallo, oggi fin troppo abusata, la voce di Angelo Marenzana emerge prepotente. Una voce che si distingue per la sua capacità evocativa, che attraverso una narrazione poetica, mista ad un sapiente ricorso ai crudi codici del genere noir, arriva a dar vita ad un’opera annoverabile tra i grandi nomi della letteratura.
L’uomo dei temporali è infatti un romanzo che si muove tra Quel pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda e il noir di Giorgio Scerbanenco; il commissario Augusto Bendicò l’erede dell’arguto Ingravallo e del disincantato Duca Lamberti.
Ma il personaggio di Marenzana si muove in quel contesto rievocato dei primi anni della seconda guerra mondiale con la stessa flemma e apparente distacco dell’Ingravallo cinematografico di Pietro Germi. Un’insofferenza che nasconde però un’inquietudine di fondo, dal sapore quasi esistenziale. È il riflesso di quel malessere generato dal minaccioso incombere del conflitto bellico, dal pericolo e dalla tacita percezione collettiva della caducità della vita, in una società in cui il ruolo dell’uomo sembra ridotto a semplice pedina nelle mani di un potere oppressivo quanto incomprensibile.
Lo svelamento dell’indagine si condisce della stessa concezione gaddiana di una realtà tanto illogica e complessa da non poter giungere ad un reale appagamento. In una società che commette e tollera i più atroci crimini alla luce del sole, dietro le corrotte fila di una politica votata al male, il processo di indagine sembra più il vacuo ed illuso trascinarsi in un sistema ipocrita e insondabile.
Ma questo splendido romanzo si avvalora ulteriormente per la complessa e minuziosa ricerca che l’autore compie. Un’impeccabile resa delle atmosfere, una perfetta ricostruzione storica: dal Cinzano alle sigarette Macedonia Oro, dai documentari dell’istituto Luce ai giornali di propaganda fascista, dalle commedie dei “telefoni bianchi” alla musica di Rabagliati alla radio, dalle case di tolleranza all’eccellente descrizione della moda del tempo, fino a quella viva e pulsante dei profumi del primo mattino e gli elegiaci indugi sui panorami campestri di un’Alessandria che sempre più sembra destinata agli inevitabili stravolgimenti di una guerra imminente.
Non sono semplici elucubrazioni nostalgiche, ma vere e proprie componenti del racconto dal potere evocativo.
Ma in questo tragico contesto, la speranza e la sensibile visione di Bendicò prendono forma in una credenza folkloristica, incarnate in quell’Uomo dei Temporali: «per un istante, in cuor suo, desiderò di vedere comparire il profilo annebbiato dell’uomo dei temporali. Voleva un acquazzone, tanto violento da lavare i ricordi della guerra e le coscienze di chi ci aveva creduto». Una forza misteriosa in cui credere, in un ritorno a quelle innocenti credenze popolari in cui trovare rifugio. Un regresso contro un progresso sempre più degenere.
Il temporale tanto invocato si configura quindi come una forza capace di dissipare quella minacciosa e incombente nebbia che, come nella surreale e poetica iconografia felliniana (Amarcord), assume un valore metaforico. È la forza oscurantista, lo speculare simbolo dell’asfissiante fascismo.
L’indagine del commissario Bendicò, la cui curiosità e onestà intellettuale stonano con il corrotto contesto, porterà così fatalmente ad «un colpevole dichiarato, e tanti altri ancora senza nome che si nascondevano dietro una presunta rispettabilità, nel lato oscuro di una città che non sapeva fare i conti con la propria coscienza. Dietro un morto ammazzato era emerso un mondo pericoloso e tormentato. Come il futuro degli italiani […] tutti rannicchiati tra le pieghe della paura».
Un romanzo superbamente scritto, di quelli che non terminano con l’ultima pagina, ma che si impiantano con forza nei pensieri e nei ricordi, che intrattengono e fanno riflettere. Da leggere!
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