Diamo il benvenuto su Thrillerpages a Tersite Rossi e mettiamo il video consigliato da loro da ascoltare come sottofondo all'intervista. Ma ora diamo la parola all'intervistatore, Massimo Minimo.
Per quei pochi che ancora non lo sapessero, chi è, o meglio chi sono, Tersite Rossi? E da dove viene questo nome d’arte?
Tersite Rossi è lo
psedudonimo di un duo di scrittori, Marco Niro, giornalista, e Mattia
Maistri, insegnante. I nostri nomi di battesimo, però, oltre ad
avere il difetto di appartenere a due illustri sconosciuti, hanno
anche quello di contenere troppe troppe “emme” ed “enne” ed
essere troppo cacofonici per risultare digeribili da un ipotetico
pubblico. Così, abbiamo optato per uno pseudonimo. Tersite è un
personaggio dell’Iliade di Omero cui ci sentiamo talmente vicini da
vederlo come l’incarnazione del nostro manifesto letterario: un
guerriero brutto, zoppo e gobbo, che a un certo punto, durante la
guerra di Troia, invita gli altri guerrieri a disertare, opponendosi
a un conflitto il cui bottino sarebbe stato spartito da altri; un
antieroe che, col suo atteggiamento di scherno e irriverenza, è
emblema di chi non si limita ad andare controcorrente, ma perde e
finisce per questo dimenticato. Rossi, invece, è il cognome più
diffuso in Italia, da noi scelto per compensare la vetustà di
Tersite ed anche per mettere in rilievo quella vena popolare che,
nonostante tutto, ci contraddistingue.
Marco aveva scritto un
saggio di critica del giornalismo (“Verità e informazione”,
Dedalo 2005), che non aveva letto quasi nessuno. Tra i pochi
coraggiosi vi era stato Mattia, che, in seguito, volendo organizzare
un corso di giornalismo per giovani, aveva deciso di chiedere proprio
a Marco di fare da docente. Era il 2006. La proposta si scrivere un
romanzo in due arrivò l’anno dopo. Era estate. Mattia, anziché
andare a prendere il sole al lago o il fresco in montagna, se ne
stava seduto a una scrivania, a meditare su una vecchia idea: quella
di lavorare al vecchio soggetto di un romanzo che da tempo
s’impolverava dentro un cassetto della sua mente. Se da solo finora
non mi ci sono mai messo, si disse, forse insieme a qualcun altro
posso riuscirci. E così lo propose a Marco. Il quale inizialmente
ritenne folle l’idea, e l’ignorò. Ma Mattia seppe insistere, e
così alla fine il sodalizio letterario ebbe inizio. E quel soggetto
si trasformò in un romanzo, “È già sera, tutto è finito”,
edito da Pendragon nel 2010.
A tal proposito, come organizzate il vostro lavoro quando create un romanzo? Vi dividete i compiti o che altro?Assieme sviluppiamo il soggetto e la scaletta del romanzo, che nascono da lunghe chiacchierate a ruota (e mente) libera. Poi ciascuno prende in carico determinate parti, in genere distribuite equamente. La scelta avviene in base a quanto ciascuno si ritiene più vicino a un certo personaggio o a una certa vicenda. Scriviamo rispettando la scaletta, tranne che per il finale, che di solito scriviamo prima. Il nostro punto di forza pensiamo sia quello che chiamiamo “palleggiamento”. Quando ciascuno ha finito di scrivere un suo capitolo, lo invia all’altro, che lo sottopone a un vero e proprio lavoro di editing, estremamente rigoroso, dopo il quale lo rimanda al mittente, che a sua volta effettua le sue contro-deduzioni. In pratica, facciamo, con risultati a volte sorprendenti, quello che normalmente uno scrittore fa soltanto dopo aver consegnato il manoscritto all’editore, nel momento in cui si confronta con l’editor della casa editrice.
Certo! Lo chiamiamo
“palleggiamento” anche per il suo esito: questo farsi le pulci a
vicenda ha spesso come inevitabile conseguenza, come forse puoi
immaginare, il vorticoso giramento di palle dell’uno o dell’altro,
e a volte anche di entrambi. Ti raccontiamo un aneddoto. Stavamo
scrivendo il nostro primo romanzo e una volta accadde che il
“palleggiamento” di cui sopra terminò subito, perché il
ricevente del capitolo, il più pignolo dei due, liquidò il lavoro
dell’altro scrivendogli tre semplici parole: “È un disastro”.
L’altro, il più permaloso dei due, reagì chiedendo un incontro
faccia a faccia, al quale esordì con un cordiale “O lo teniamo
così o vaffanculo!”. Poi il pignolo, che è anche un abile
diplomatico, seppe ricucire il rapporto col permaloso, che è anche
una persona estremamente ragionevole, e il romanzo fu salvo (per la
cronaca, di quel capitolo alla fine non rimase alcuna traccia…)
Siete entrambi trentini. Quanto è stretto il legame con la vostra terra?
A dire il vero, entrambi
viviamo in Trentino, ma solo uno di noi – Mattia – è nato lì.
L’altro, Marco, è apolide: nato da genitori molisani a
Casalmaggiore, in provincia di Cremona, ha studiato a Reggio Emilia e
poi è emigrato in Trentino per motivi sentimentali. Questa nostra
diversa discendenza ha inciso molto sulla nostra scrittura. Nel
nostro primo romanzo, la vicenda del Gruppo è ambientata a
Gazzolino, piccolo paese del Nordest vittima dell’inaridimento dei
rapporti sociali dovuto alla cieca applicazione del motto “tasi e
laora”, che in Trentino non abbisogna di traduzione. Mentre l’altro
protagonista di quel romanzo, il giornalista Antonio Castellani,
nasce in Molise da contadini poveri di denaro, ma non di spirito. In
“Sinistri”, invece, il legame col territorio si stempera fino ad
annullarsi, e questo non succede a caso: nel 2023 la furia
omologatrice della felicità imposta per decreto non ammette
differenze geografiche…
Passando a “Sinistri”, è un romanzo molto particolare nella struttura. Quale la sua genesi?
“Sinistri” nacque in
una birreria il 26 dicembre 2008 come romanzo che si proponeva di
raccontare il Novecento italiano e i suoi molteplici “tradimenti”
attraverso dieci racconti, ambientati ciascuno in una decade diversa
del secolo passato e scritti nell'irriverente rispetto dei diversi
generi letterari: dall'horror all'erotico, dal grottesco al noir, dal
satirico al sentimentale. Una volta scritti i racconti ci accorgemmo
che, letti in fila uno dopo l'altro, ci proiettavano direttamente nel
futuro, in mezzo al guado della Terza Repubblica italiana. A quel
punto è stato naturale scrivere la cornice che racchiudesse i
racconti e che fosse ambientata in un futuro prossimo: un futuro
anestetizzato, governato con “mano tecnica” e ammantato dalla
retorica fasulla e artificiosa della felicità a tutti i costi. Più
che un futuro, un presente alle porte.
Domanda scontata: quanto siamo vicini all’Italia del 2023 descritta nel libro?
Purtroppo molto. Nel 2023
è al potere il Partito della Felicità, che guida una tecnocrazia
dittatoriale che impone di trovare la felicità ad ogni costo,
comprandola a buon mercato dentro gli “shops”, i nuovi templi del
consumismo in cui i cittadini si accalcano prima che il coprifuoco
scatti inesorabile alle ore 21. Detta così, sembrerebbe solo la
fantasia – inquietante – di due scrittori pessimisti. Invece, a
guardare bene, già oggi la democrazia è stata svuotata prima dalla
videocrazia ed oggi dalla tecnocrazia, e l’unica libertà
“socialmente accettata” è quella di consumare. E in effetti
abbiamo voluto ambientare il nostro romanzo nel futuro proprio per
disorientare il lettore: alle prime battute, può consolarsi pensando
di avere tra le mani un semplice “fantasy”; ben presto, però, si
accorge che il nostro 2023 non è altro che la proiezione
caricaturale di quanto già oggi sta accadendo.
“Sinistri” fa parte della Collezione Sabot/age curata da Massimo Carlotto. Come siete entrati in contatto con lui?
Al termine della stesura
del nostro primo romanzo “E' già sera, tutto è finito”
ricevemmo il suggerimento da un nostro amico di inviare il
manoscritto a Massimo Carlotto, di cui lui aveva un recapito. Nessuno
avrebbe mai immaginato che Carlotto non solo si mettesse a leggere il
nostro lavoro, ma che al termine della lettura ci scrivesse per
complimentarsi con noi e per invitarci a non abbandonare la strada
della scrittura, benché fossimo ancora privi di un editore. Poi
l'editore di quel primo romanzo arrivò (Pedragon di Bologna) e da lì
Tersite Rossi cominciò a farsi notare, a partire dal Salone del
libro di Torino dove lo stesso Carlotto intervenne nel corso della
nostra prima presentazione. Un anno dopo volle leggere il manoscritto
del nuovo lavoro (quello che poi sarebbe diventato “Sinistri”) e
rimase così ben impressionato da volerlo all'interno della
Collezione Sabot-age delle Edizioni E/O, che lui stesso cura (con la
moglie Colomba Rossi a dirigerla). Ed eccoci a oggi, orgogliosi dei
passi fatti e degli apprezzamenti ricevuti da uno scrittore
eccezionale quale è lui.
Il vostro primo romanzo, “E’ già sera, tutto è finito” (al quale sono, personalmente, molto affezionato), ha ispirato uno spettacolo musical-letterario. Lo stesso sta accadendo con “Sinistri”. Quanto è importante la musica per voi?
Moltissimo. E non solo
perché, a valle, risulta spesso più efficace delle parole nella
presentazione dei nostri lavori. Ma soprattutto perché, a monte, ci
accompagna nella stesura dei nostri testi. Oltretutto, abbiamo gusti
musicali anche molto diversi. Uno di noi è più incline al
cantautorato, meglio se popolare, l’altro è più eclettico, forse
più elitario. E così nei nostri romanzi e nei nostri spettacoli il
pubblico può trovare Francesco Guccini insieme a Leonard Cohen, Rino
Gaetano insieme ad Astor Piazzolla, i Modena City Ramblers insieme ai
Kraftwerk.
Per restare in tema, scegliete un brano che accompagni quest’intervista. Per non scatenare una rissa, potete indicarne anche uno a testa, ve lo concediamo.
“Carnival” di Roberto
Vecchioni (Mattia).
“Galvanize”
dei Chemical Brothers (Marco).
Last but non least, a quando il prossimo libro?
Non abbiamo ancora
fissato una scadenza. L’unica cosa certa è che c’è un soggetto
forte, cui crediamo molto, sintesi dei due precedenti romanzi,
completamento – perdonateci l’espressione abusata e modaiola –
di una sorta di trilogia dell’antieroismo. Ma lavorarci richiede
tempo. E la tua domanda ci offre l’occasione per un piccolo sfogo.
Le attuali logiche del mercato editoriale impongono ad uno scrittore
di scrivere come un forsennato e di buttare fuori almeno un testo
all’anno, per tenere in vita il nome dell’autore visto che quello
del singolo romanzo dopo tre mesi rischia di essere già dimenticato,
spazzato via dagli scaffali per far posto ai prossimi. Noi
respingiamo questa dinamica. Per carità, ci sono bravi colleghi che
riescono a scrivere un libro all’anno salvaguardando la qualità,
ma sono la minoranza. Tersite Rossi ha bisogno di sporcarsi le mani
di terra e di polvere, prima di iniziare a scrivere. E adesso è
questo che stiamo facendo.
Grazie per l'intervista Tersite Rossi, alla prossima!
CLICCATE QUI per andare all'intervista di Piergiorgio Pulixi
Grazie per l'intervista Tersite Rossi, alla prossima!
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