Hubert Bonisseur de la Bath, l’agente OSS117, segnò un’epoca e, ancor prima di 007, contribuì a creare il mito dell’agente segreto, metà detective privato, metà operativo delle forze speciali, strafottente e raffinato, amante della bella vita (e delle donnine…) e, alla fine, sempre schierato “da solo” contro super cattivi e spie e mai semplice “servo del potere”. Come accade in molti casi quando si tratta di eroi popolari, quasi un doppio avventuroso del suo creatore, Jean Bruce, che, pur tenendo la ragguardevole media di un romanzo al mese, riusciva a godersi la vita, proprio come il suo eroe. Amante di … una vita spericolata, Bruce viaggiava si documentava sui luoghi dove portava il suo eroe, amava le macchine veloci, in breve la scrittura era solo una parte della sua vita, importante ma indistinguibile dall’esistenza vera.
Se ne andò in una fiammata nel 1963 schiantandosi con la sua Jaguar MK2. Nato nel 1921, Bruce, come molti autori di romanzi di spionaggio della sua generazione, poteva vantare un’esperienza diretta del mondo dell’intelligence, accumulata durante la guerra. Dapprima pilota poi agente della DGER (Direction Gènerale des Etudes et des Recherches) fondata ad Algeri nel ’44 e rimpiazzata nel 1947 dalla SDECE (Service de Documentation Exterieure et de Contrexpionage) in virtù della sua abilità nel raccoglie informazioni acquisita sin dagli anni ’30 nei corsi di criminologia della polizia che frequentò assiduamente. Terminato il conflitto Bruce però si rende conto di essere troppo indipendente, troppo bon vivant per poter essere un uomo di apparato, un grigio agente magari invischiato in faccende non troppo pulite come avviene agli agenti segreti della realtà. Bruce sogna le imprese di Peter Cheyney con il suo Lemmy Caution che, a ben vedere, fu il capostipite di tutti gli agenti d’azione letterari. Giornalista free lance, in un momento economico difficile, Bruce non partì in posizione privilegiata. Dalla sua aveva l’esperienza di vita, una grande fantasia e la convinzione di aver creato un personaggio originale in grado di piacere a un vasto pubblico. Sua moglie Josette (che alla sua morte riprese OSS117 in più di sessanta avventure continuate in seguito anche dai figli Martine e François) racconta che Hubert Bonisseur de la Bath fu una creazione di entrambi. “Jean creò il personaggio e scrisse il primo romanzo per me, con l’idea di dar vita a un eroe che piacesse alle donne, sforzandosi di rendere quella virilità un po’ piratesca che da sempre intriga il pubblico femminile”, dichiarò in un’intervista. Obiettivo raggiunto ma non subito riconosciuto. ‘Tu parles d’un ingénue’ fu rifiutato da diversi editori prima di essere accettato da Armand de Caro, nel 1947, che aveva appena creato le edizioni Fleuve Noir. Riscritto in chiave spionistica con il titolo ‘Ici OSS 117’ fu pubblicato poi da Segretissimo con il titolo ‘OS117 chiude la partita’. OSS177, nella sua versione originale nei panni di un detective, esordì nella collana Special Police con una tiratura piuttosto bassa (per l’epoca e in economica), solo 9000 copie. Il successo fu buono ma non esaltante. Con il tempo si consolidò sino a diventare un fenomeno editoriale tanto che l’editore Presse de la Citè da cui dipendeva Fleuve Noir decise di dedicare al personaggio un’intera collezione. Per la verità l’editore voleva un agente segreto e Bruce inventò un altro personaggio che, però, funzionava meno di Hubert e che fu abbandonato. Hubert divenne così prima un agente dell’OSS, l’Office of Strategic Services (da qui il suo nome di battaglia che, nell’edizione italiana fu ridotto a OS forse perché a noi quella doppia S ricordava troppo altre più fosche organizzazioni) e poi della CIA. Da quel momento il successo di Hubert e del suo autore furono sempre in ascesa, tanto da raggiungere i due milioni di copie vendute. Ma chi è veramente Hubert Bonisseur de la Bath? Sui suoi trascorsi bellici Bruce ha spesso cambiato versione, ricordando missioni d’infiltrazione nella Francia occupata dai nazisti o in Medio Oriente. Un po’ di confusione dovuta forse al cambiamento di rotta del personaggio da detective ad agente segreto, un po’ al ritmo con cui le avventure vedevano la luce. Sulle origini francesi di un agente “americano” come imponeva la moda dell’epoca, invece Bruce non ammetteva discussioni. In una delle prime avventure(‘Romance de la Mort’ pubblicato quest’anno da Segretissimo in versione integrale con il titolo ‘OSS117 a denti stretti’) Hubert fornisce rifugio nella sua casa di New York a una spia yugoslava che, dopo averlo “tangibilmente” ringraziato gli domanda se davvero è di origine francese. Da qui nasce un curioso aneddoto rimasto nella leggenda. Un nobile avo di Hubert fuggì in America ai tempi della Rivoluzione. Finito a New Orleans si guadagnava da vivere con mille espedienti, tra le altre cose fingendosi testimone nei processi. Interrogato da un giudice che gli chiedeva di dichiarare le sue generalità, il poveretto privato del titolo e del nome rispose Bonisseur de la Bath che, nel linguaggio dell’epoca, significava appunto “testimone a favore”. Da quel giorno l’appellativo che suonava in qualche modo “nobile” divenne il nome de guerre di famiglia. E Hubert arrivava così, definito un “principe pirata” dal suo stesso autore, prima fu agente americano, poi si staccò dai servizi di Langley agendo come free lance e addirittura divenne l’alfiere di un’altra OSS, un’organizzazione internazionale formata da… madri di famiglia impegnate a evitare che la Guerra fredda degenerasse in un massacro dei loro figli.(A cominciare da ‘OSS117 Meglio spia che morto’) Richiamato anni dopo in servizio dal suo vecchio capo- il signor Smith- Hubert visse innumerevoli avventure in ogni luogo del mondo. Romanzi semplici, rapidi e avvincenti che, seppure gravati da una certa ripetitività di schemi, avevano sempre un tocco originale e veritiero. Spesso Hubert s’inseriva in una vicenda spionistica i cui protagonisti erano altri personaggi, di solito uomini e donne coinvolti in un intreccio sentimentale di cui lui diventava elemento catartico. A volte invece si gettava a capofitto in situazioni pericolose alcune di stampo più tradizionale( passaggi di documenti, spie da recuperare), altre di ispirazione più jamesbondistica. Sono gli anni della Guerra fredda quando, secondo le parole di Churchill, l’URSS aveva fatto calare in mezzo all’Europa una Cortina di Ferro. Un confine, figurato e reale al tempo stesso, che OSS era destinato a varcare in numerose occasioni. I suoi non sono mai romanzi “politici” ma s’inseriscono più che altro nel filone avventuroso che mescola l’azione al noir dove la vera regola è quella dell’eroe solo contro tutti. La parabola di OSS117 raggiunge il suo culmine con il romanzo ‘Panique a Wake’ (pubblicato anche da Segretissimo) che registrò record di vendite in tutto il mondo e ottenne diversi premi. Con la sua morte fu Josette a riprenderne il personaggio limitandosi a “soli” sei romanzi all’anno e riproducendone tutto il glamour e la capacità di avvincere. Alla fine degli anni ’80 i figli Martine e François ripresero l’eroe con un romanzo d’esordio dal titolo volutamente provocatorio ‘OSS117 è morto’. I tempi erano cambiati e il revival durò poche puntate su Segretissimo anche se in Francia furono pubblicati 20 titoli l’ultimo dei quali ‘OSS117 Prend le large’ lasciava immaginare un ritorno… Certo, furono produzioni relativamente a basso costo (il primo, OSS117 n’est pa mort, adattato dal romanzo omonimo, numero 22 della serie) era addirittura in bianco e nero. Il regista, però, era Andrè Hunebelle (quello della serie Fantomas con de Funes e Marais) e nel cast a volte apparivano nomi di spicco come Marina Vlady e Robert Hossein. Da segnalare che il migliore della serie - ma tutti sono godibili- A tout coeur a Tokyo, c’è la consulenza di Terence Young che vi apportò quel tocco alla 007 necessario a rendere tutto più sofisticato. In effetti il film ha molti punti in comune con 007 Si vive solo due volte con il quale condivide numerose ambientazioni. Forse al loro successo, che fu comunque lusinghiero, avrebbe contribuito una continuità negli interpreti. Prima venne Kevin Matthews, poi Frederick Stafford, ex nuotatore e brillante uomo d’affari ma non un attore (almeno così la pensava il regista, ma Stafford girò anche con Hitchcock in Topaz) e infine un insipido John Gavin. Ma OSS117 fu portato sullo schermo anche da altri registi e persino in una serie televisiva. La formula della spy-story degli anni 60, quella proposta appunto da Jean Bruce, creatore di OSS117 e pubblicato con successo da Segretissimo in quegli anni, ormai è superata. Rivederne meccaniche e luoghi comuni oggi fa sorridere e con tale spirito vanno affrontati i nuovi film (malauguratamente inediti in Italia diretti da Michel Haznavicious che preme sul pedale dell’ironia semplicemente sottolineando alcuni aspetti tipici del filone di quegli anni. Il viso deliziosamente stupido di Jean Dujardine si adatta perfettamente a questo OSS117 che per l’occasione è diventato un agente tutto francese. Sentite la trama di ‘Caire, nid d’espions’. Dopo un prologo rigorosamente in bianco e nero ambientato nel 1945 in cui Hubert e il fido collega Jack s’impadroniscono dei piani della V2 gettando da un aereo un ufficiale tedesco passiamo al technicolor che ci fa sbarcare in un cinemascope anni 60. La vicenda, intelligentemente, si svolge nell’Egitto del 1955 ispirata a diversi romanzi di Bruce senza volerne citare uno in particolare. Spaccone, gaudente, un po’ ebete, Hubert parte alla volta dell’esotico Cairo per indagare sulla morte del fido Jack e sulla sparizione di una nave russa, il Kapov, carica di armi. Nel secondo film siamo negli anni ’60. Hubert si ritrova a Rio(‘Rio ne repond plus’ è appunto il titolo) in coppia con una disinvolta agente israeliana contro un’organizzazione neonazista. La liberazione sessuale, i legami dei governanti francesi con il regime di Petain si fondono con cornici mozzafiato, gag e la consueta coreografia buffonesca che altro non fa che esaltare in maniera intelligente la satira del regime di De Gaulle. Forse non esattamente quello che un appassionato dei romanzi di Bruce poteva aspettarsi ma... che divertimento… alla fine siamo pronti a partire per una nuova avventura con Hubert .
Se ne andò in una fiammata nel 1963 schiantandosi con la sua Jaguar MK2. Nato nel 1921, Bruce, come molti autori di romanzi di spionaggio della sua generazione, poteva vantare un’esperienza diretta del mondo dell’intelligence, accumulata durante la guerra. Dapprima pilota poi agente della DGER (Direction Gènerale des Etudes et des Recherches) fondata ad Algeri nel ’44 e rimpiazzata nel 1947 dalla SDECE (Service de Documentation Exterieure et de Contrexpionage) in virtù della sua abilità nel raccoglie informazioni acquisita sin dagli anni ’30 nei corsi di criminologia della polizia che frequentò assiduamente. Terminato il conflitto Bruce però si rende conto di essere troppo indipendente, troppo bon vivant per poter essere un uomo di apparato, un grigio agente magari invischiato in faccende non troppo pulite come avviene agli agenti segreti della realtà. Bruce sogna le imprese di Peter Cheyney con il suo Lemmy Caution che, a ben vedere, fu il capostipite di tutti gli agenti d’azione letterari. Giornalista free lance, in un momento economico difficile, Bruce non partì in posizione privilegiata. Dalla sua aveva l’esperienza di vita, una grande fantasia e la convinzione di aver creato un personaggio originale in grado di piacere a un vasto pubblico. Sua moglie Josette (che alla sua morte riprese OSS117 in più di sessanta avventure continuate in seguito anche dai figli Martine e François) racconta che Hubert Bonisseur de la Bath fu una creazione di entrambi. “Jean creò il personaggio e scrisse il primo romanzo per me, con l’idea di dar vita a un eroe che piacesse alle donne, sforzandosi di rendere quella virilità un po’ piratesca che da sempre intriga il pubblico femminile”, dichiarò in un’intervista. Obiettivo raggiunto ma non subito riconosciuto. ‘Tu parles d’un ingénue’ fu rifiutato da diversi editori prima di essere accettato da Armand de Caro, nel 1947, che aveva appena creato le edizioni Fleuve Noir. Riscritto in chiave spionistica con il titolo ‘Ici OSS 117’ fu pubblicato poi da Segretissimo con il titolo ‘OS117 chiude la partita’. OSS177, nella sua versione originale nei panni di un detective, esordì nella collana Special Police con una tiratura piuttosto bassa (per l’epoca e in economica), solo 9000 copie. Il successo fu buono ma non esaltante. Con il tempo si consolidò sino a diventare un fenomeno editoriale tanto che l’editore Presse de la Citè da cui dipendeva Fleuve Noir decise di dedicare al personaggio un’intera collezione. Per la verità l’editore voleva un agente segreto e Bruce inventò un altro personaggio che, però, funzionava meno di Hubert e che fu abbandonato. Hubert divenne così prima un agente dell’OSS, l’Office of Strategic Services (da qui il suo nome di battaglia che, nell’edizione italiana fu ridotto a OS forse perché a noi quella doppia S ricordava troppo altre più fosche organizzazioni) e poi della CIA. Da quel momento il successo di Hubert e del suo autore furono sempre in ascesa, tanto da raggiungere i due milioni di copie vendute. Ma chi è veramente Hubert Bonisseur de la Bath? Sui suoi trascorsi bellici Bruce ha spesso cambiato versione, ricordando missioni d’infiltrazione nella Francia occupata dai nazisti o in Medio Oriente. Un po’ di confusione dovuta forse al cambiamento di rotta del personaggio da detective ad agente segreto, un po’ al ritmo con cui le avventure vedevano la luce. Sulle origini francesi di un agente “americano” come imponeva la moda dell’epoca, invece Bruce non ammetteva discussioni. In una delle prime avventure(‘Romance de la Mort’ pubblicato quest’anno da Segretissimo in versione integrale con il titolo ‘OSS117 a denti stretti’) Hubert fornisce rifugio nella sua casa di New York a una spia yugoslava che, dopo averlo “tangibilmente” ringraziato gli domanda se davvero è di origine francese. Da qui nasce un curioso aneddoto rimasto nella leggenda. Un nobile avo di Hubert fuggì in America ai tempi della Rivoluzione. Finito a New Orleans si guadagnava da vivere con mille espedienti, tra le altre cose fingendosi testimone nei processi. Interrogato da un giudice che gli chiedeva di dichiarare le sue generalità, il poveretto privato del titolo e del nome rispose Bonisseur de la Bath che, nel linguaggio dell’epoca, significava appunto “testimone a favore”. Da quel giorno l’appellativo che suonava in qualche modo “nobile” divenne il nome de guerre di famiglia. E Hubert arrivava così, definito un “principe pirata” dal suo stesso autore, prima fu agente americano, poi si staccò dai servizi di Langley agendo come free lance e addirittura divenne l’alfiere di un’altra OSS, un’organizzazione internazionale formata da… madri di famiglia impegnate a evitare che la Guerra fredda degenerasse in un massacro dei loro figli.(A cominciare da ‘OSS117 Meglio spia che morto’) Richiamato anni dopo in servizio dal suo vecchio capo- il signor Smith- Hubert visse innumerevoli avventure in ogni luogo del mondo. Romanzi semplici, rapidi e avvincenti che, seppure gravati da una certa ripetitività di schemi, avevano sempre un tocco originale e veritiero. Spesso Hubert s’inseriva in una vicenda spionistica i cui protagonisti erano altri personaggi, di solito uomini e donne coinvolti in un intreccio sentimentale di cui lui diventava elemento catartico. A volte invece si gettava a capofitto in situazioni pericolose alcune di stampo più tradizionale( passaggi di documenti, spie da recuperare), altre di ispirazione più jamesbondistica. Sono gli anni della Guerra fredda quando, secondo le parole di Churchill, l’URSS aveva fatto calare in mezzo all’Europa una Cortina di Ferro. Un confine, figurato e reale al tempo stesso, che OSS era destinato a varcare in numerose occasioni. I suoi non sono mai romanzi “politici” ma s’inseriscono più che altro nel filone avventuroso che mescola l’azione al noir dove la vera regola è quella dell’eroe solo contro tutti. La parabola di OSS117 raggiunge il suo culmine con il romanzo ‘Panique a Wake’ (pubblicato anche da Segretissimo) che registrò record di vendite in tutto il mondo e ottenne diversi premi. Con la sua morte fu Josette a riprenderne il personaggio limitandosi a “soli” sei romanzi all’anno e riproducendone tutto il glamour e la capacità di avvincere. Alla fine degli anni ’80 i figli Martine e François ripresero l’eroe con un romanzo d’esordio dal titolo volutamente provocatorio ‘OSS117 è morto’. I tempi erano cambiati e il revival durò poche puntate su Segretissimo anche se in Francia furono pubblicati 20 titoli l’ultimo dei quali ‘OSS117 Prend le large’ lasciava immaginare un ritorno… Certo, furono produzioni relativamente a basso costo (il primo, OSS117 n’est pa mort, adattato dal romanzo omonimo, numero 22 della serie) era addirittura in bianco e nero. Il regista, però, era Andrè Hunebelle (quello della serie Fantomas con de Funes e Marais) e nel cast a volte apparivano nomi di spicco come Marina Vlady e Robert Hossein. Da segnalare che il migliore della serie - ma tutti sono godibili- A tout coeur a Tokyo, c’è la consulenza di Terence Young che vi apportò quel tocco alla 007 necessario a rendere tutto più sofisticato. In effetti il film ha molti punti in comune con 007 Si vive solo due volte con il quale condivide numerose ambientazioni. Forse al loro successo, che fu comunque lusinghiero, avrebbe contribuito una continuità negli interpreti. Prima venne Kevin Matthews, poi Frederick Stafford, ex nuotatore e brillante uomo d’affari ma non un attore (almeno così la pensava il regista, ma Stafford girò anche con Hitchcock in Topaz) e infine un insipido John Gavin. Ma OSS117 fu portato sullo schermo anche da altri registi e persino in una serie televisiva. La formula della spy-story degli anni 60, quella proposta appunto da Jean Bruce, creatore di OSS117 e pubblicato con successo da Segretissimo in quegli anni, ormai è superata. Rivederne meccaniche e luoghi comuni oggi fa sorridere e con tale spirito vanno affrontati i nuovi film (malauguratamente inediti in Italia diretti da Michel Haznavicious che preme sul pedale dell’ironia semplicemente sottolineando alcuni aspetti tipici del filone di quegli anni. Il viso deliziosamente stupido di Jean Dujardine si adatta perfettamente a questo OSS117 che per l’occasione è diventato un agente tutto francese. Sentite la trama di ‘Caire, nid d’espions’. Dopo un prologo rigorosamente in bianco e nero ambientato nel 1945 in cui Hubert e il fido collega Jack s’impadroniscono dei piani della V2 gettando da un aereo un ufficiale tedesco passiamo al technicolor che ci fa sbarcare in un cinemascope anni 60. La vicenda, intelligentemente, si svolge nell’Egitto del 1955 ispirata a diversi romanzi di Bruce senza volerne citare uno in particolare. Spaccone, gaudente, un po’ ebete, Hubert parte alla volta dell’esotico Cairo per indagare sulla morte del fido Jack e sulla sparizione di una nave russa, il Kapov, carica di armi. Nel secondo film siamo negli anni ’60. Hubert si ritrova a Rio(‘Rio ne repond plus’ è appunto il titolo) in coppia con una disinvolta agente israeliana contro un’organizzazione neonazista. La liberazione sessuale, i legami dei governanti francesi con il regime di Petain si fondono con cornici mozzafiato, gag e la consueta coreografia buffonesca che altro non fa che esaltare in maniera intelligente la satira del regime di De Gaulle. Forse non esattamente quello che un appassionato dei romanzi di Bruce poteva aspettarsi ma... che divertimento… alla fine siamo pronti a partire per una nuova avventura con Hubert .
0 Lascia un commento:
Posta un commento