Diamo il benvenuto oggi a Giuliano Pasini, Autore de "Venti corpi nella neve" che ha risposto alla nostra intervista, realizzata da Massimo Minimo. Cominciate a leggere cliccando PLAY al video You tube, sarete così accompagnati alla lettura con "Generale" di De Gregori, Canzone scelta dall'autore come colonna sonora del suo libro.
Giuliano Pasini, travolto e stravolto da un successo clamoroso. Ci racconti le tue prime sensazioni di quando hai avuto sentore della cosa?
Mai, nemmeno ora. Quando ho ricevuto da timeCRIME uno scatolone con qualche copia di Venti corpi nella neve, ho vissuto un senso di dissociazione. Come se quello che aveva scritto il romanzo fosse un mio omonimo. Idem quando ho capito che stava ingranando, visto le recensioni ecc… Poi, di notte, il mio subconscio dimostra di aver intuito qualcosa: fatico a dormire! E per chi è costretto a mettere la sveglia alle cinque per scrivere (dopo, si va al lavoro vero!) non è certo un toccasana.
Anzi, c’è un fatto che mi fa pensare che qualcosa stia succedendo. Ho uno stalker! Un tipo che ovunque compaia una recensione positiva sul mio romanzo o semplicemente se ne parli, interviene per massacrarlo. Trema, Thrillerpages, trema…
Il tuo è stato un percorso particolare: vincitore di un concorso letterario sul web, l’e-book ed ora la pubblicazione del libro. Ritieni che sia possibile un altro caso simile al tuo?
Secondo me sì. “Ioscrittore” è un bellissimo biglietto da visita. Si è stati selezionati tra migliaia di concorrenti tramite il voto di altri lettori. Se poi – come successo a me – non si arriva tra i “cartacei” scelti da GeMS, non bisogna scoraggiarsi. E’ un’occasione, bisogna cercare di approfittarne!
A proposito di e-book, cosa pensi della loro diffusione?
Ancora marginale, ma in aumento. Io possiedo un e-reader e lo uso. Certo, dopo l’uscita dell’ebook (che aveva un titolo diverso: “La giustizia dei martiri”), passavo le mie serate a fare il venditore di spazzole presso amici e parenti o semplici conoscenti e molestando blogger (ehm…) perché lo recensissero. Strano a dirsi, ma pochissimi blogger – quindi curatori di un diario virtuale – leggono ebook – quindi libri virtuali. Il problema vero, però, iniziava dopo l’acquisto, quando amici e parenti e conoscenti avevano qualche problema tecnico. Sono diventato una sorta di call center, con tanto di FAQ!
(Qui ti rispondo subito: forse perché passiamo già un sacco di tempo con il nostro Computer, almeno quando si legge, vogliamo scordarci la tecnologia!!!)
Passando al romanzo, come nasce il personaggio del commissario Serra? E la sua “Danza”?
Serra è nato così, con la Danza. A dire il vero, io lo chiamo Roberto perché dopo qualche centinaio di pagine abbiamo fatto amicizia e iniziato a darci del tu. Ma non è un tipo facile. E’ un testone, va per la sua strada e, soprattutto, non ascolta mai! Qualcuno diceva che l’unico modo per sentirsi dio è fare lo scrittore: si dà vita ai personaggi, si fa far loro ciò che si vuole. Quel tipo non ha mai conosciuto Roberto Serra. La Danza è tema diverso. Io credo nella vita ci sia qualcosa che va oltre ciò che gli occhi vedono, qualcosa che resta – e deve restare – inspiegabile. La Danza è una forma di empatia estrema, che si traduce in un’emorragia della coscienza. Roberto è un personaggio umano, con tante debolezze, normale fino al midollo. Salvo quando danza. Lì diventa speciale. PS Ho letto troppo Stephen King, eh?
Tu e l’Appennino emiliano, un rapporto viscerale, come si intuisce anche dalle pagine del libro. Ora che vivi altrove, quanto ne senti la mancanza? Ci torni spesso?
Testa a Treviso, cuore in Appennino. Spesso dico così di me. Mia mamma vive ancora a Zocca, nonostante i miei ripetuti inviti a raggiungermi in Veneto. Torno da lei almeno una volta al mese – neve permettendo. Ho lì il mio rifugio sicuro. Ammesso e non concesso che i rifugi sicuri esistano…
Ho letto in giro che scrivendo “Venti corpi nella neve” hai pagato un debito morale, ce lo spieghi?
Le ferite lasciate dall’ultimo inverno della seconda guerra mondiale sono numerose e profonde, in Appennino. Ogni famiglia ha un suo ricordo doloroso (almeno uno), ogni angolo di strada porta qualche segno. Ogni paesino ha il proprio cippo, stele o monumento dedicato a quel periodo. Ho pagato un tributo a questa sofferenza, a questa storia poco nota. Una storia di terra e di uomini.
Serra ed il suo creatore sono grandi appassionati di musica, in particolare di Francesco Guccini. Hai avuto modo di incontrarlo?
Le decine di concerti a cui sono stato valgono? No? Allora no, non l’ho mai incontrato. I miti si venerano da lontano. Già sono stato introdotto, durante una presentazione, da Loriano Macchiavelli. E l’emozione è stata immensa. Una persona deliziosa, e un vero mito per tutti noi che proviamo a scrivere gialli. Poi, per essere sinceri, Guccini è più mio che di Roberto. Roberto è onnivoro, ha una conoscenza enciclopedica dei cantautori italiani che gli invidio. I “poveri miti” in cui riverso la mia “fede cieca” sono Guccini e pochi altri.
Visitando il tuo profilo su Facebook, ho notato che hai una passione per i vini, sei un'intenditore?
Appassionato, più che intenditore. Mi sono diplomato sommellier AIS ma solo per capirne un po’ di più. I due oggetti che vorrei nella mia casa: bottiglie di vino e libri. La persona: mia moglie. Ecco, dopo potrei dirmi un uomo felice. E completo.
Adesso sei in giro per le presentazioni del romanzo. Come ti trovi faccia a faccia con il pubblico?
Molto, molto appagante. Spesso nascono discussioni che mi arricchiscono davvero. Mi piace quando la gente mi sommerge di domande, quando vedo interesse per quella pagina di storia sconosciuta e “minore” (ma minore per chi?).
Una domanda classica : hai qualche autore di riferimento?
Da lettore onnivoro, millanta e millanta. Abbiamo citato King e Macchiavelli e Guccini. Aggiungo Michael Connelly, il cui Harry Bosch è – secondo me – la miglior figura di investigatore dei giorni nostri. Ma andiamo indietro. Indietro indietro eh! Omero, intendo. Chi può dire di avere inventato trame originali dopo di lui? E i tragediografi, a partire da Euripide. Anche se l’immanenza del destino che ho voluto mettere in Venti corpi nella neve è più vicina Sofocle. Ok, la smetto.
Hai già iniziato a scrivere la nuova avventura del commissario Serra o vuoi creare altri personaggi?
Ho già iniziato a fare entrambe le cose. Roberto Serra ha ricominciato a svegliarmi per danzare qualche mese fa, prima dell’uscita di Venti corpi nella neve. Decide lui, come ti dicevo. E ho quasi pronto un romanzo “stand alone”, quindi fuori dalla serie di Roberto Serra. Temi? Segreto. Un piccolo indizio: se in Venti corpi nella neve il sentimento forte che sta sotto alla storia è il desiderio di vendetta (col corollario dell’incapacità di dimenticare), nel secondo Serra sarà la follia di pensare che esistano uomini superiori ad altri uomini (col corollario delle teorie di esistenza di razze superiori e inferiori). Nello “stand alone” è, invece, il desiderio di potere assoluto, potere per il potere (col corollario del controllo dell’informazione…). Chiaro no? No? No.
C'è una canzone che vorresti mettere come colonna sonora al tuo libro?
Due. Una che non ho potuto inserire nel romanzo perché sarebbe stato un errore cronologico: “Su in collina” di Guccini, che mette in musica e traduce una poesia dialettale di Gastone Vandelli. E “Generale” di Francesco De Gregori. Soprattutto il verso: “…si va dritti a casa senza più pensare che la guerra è bella anche se fa male…”
Grazie Giuliano, ci sentiamo alla prossima uscita, e in bocca al lupo per TUTTO!
Giuliano Pasini, travolto e stravolto da un successo clamoroso. Ci racconti le tue prime sensazioni di quando hai avuto sentore della cosa?
Mai, nemmeno ora. Quando ho ricevuto da timeCRIME uno scatolone con qualche copia di Venti corpi nella neve, ho vissuto un senso di dissociazione. Come se quello che aveva scritto il romanzo fosse un mio omonimo. Idem quando ho capito che stava ingranando, visto le recensioni ecc… Poi, di notte, il mio subconscio dimostra di aver intuito qualcosa: fatico a dormire! E per chi è costretto a mettere la sveglia alle cinque per scrivere (dopo, si va al lavoro vero!) non è certo un toccasana.
Anzi, c’è un fatto che mi fa pensare che qualcosa stia succedendo. Ho uno stalker! Un tipo che ovunque compaia una recensione positiva sul mio romanzo o semplicemente se ne parli, interviene per massacrarlo. Trema, Thrillerpages, trema…
Il tuo è stato un percorso particolare: vincitore di un concorso letterario sul web, l’e-book ed ora la pubblicazione del libro. Ritieni che sia possibile un altro caso simile al tuo?
Secondo me sì. “Ioscrittore” è un bellissimo biglietto da visita. Si è stati selezionati tra migliaia di concorrenti tramite il voto di altri lettori. Se poi – come successo a me – non si arriva tra i “cartacei” scelti da GeMS, non bisogna scoraggiarsi. E’ un’occasione, bisogna cercare di approfittarne!
A proposito di e-book, cosa pensi della loro diffusione?
Ancora marginale, ma in aumento. Io possiedo un e-reader e lo uso. Certo, dopo l’uscita dell’ebook (che aveva un titolo diverso: “La giustizia dei martiri”), passavo le mie serate a fare il venditore di spazzole presso amici e parenti o semplici conoscenti e molestando blogger (ehm…) perché lo recensissero. Strano a dirsi, ma pochissimi blogger – quindi curatori di un diario virtuale – leggono ebook – quindi libri virtuali. Il problema vero, però, iniziava dopo l’acquisto, quando amici e parenti e conoscenti avevano qualche problema tecnico. Sono diventato una sorta di call center, con tanto di FAQ!
(Qui ti rispondo subito: forse perché passiamo già un sacco di tempo con il nostro Computer, almeno quando si legge, vogliamo scordarci la tecnologia!!!)
Passando al romanzo, come nasce il personaggio del commissario Serra? E la sua “Danza”?
Serra è nato così, con la Danza. A dire il vero, io lo chiamo Roberto perché dopo qualche centinaio di pagine abbiamo fatto amicizia e iniziato a darci del tu. Ma non è un tipo facile. E’ un testone, va per la sua strada e, soprattutto, non ascolta mai! Qualcuno diceva che l’unico modo per sentirsi dio è fare lo scrittore: si dà vita ai personaggi, si fa far loro ciò che si vuole. Quel tipo non ha mai conosciuto Roberto Serra. La Danza è tema diverso. Io credo nella vita ci sia qualcosa che va oltre ciò che gli occhi vedono, qualcosa che resta – e deve restare – inspiegabile. La Danza è una forma di empatia estrema, che si traduce in un’emorragia della coscienza. Roberto è un personaggio umano, con tante debolezze, normale fino al midollo. Salvo quando danza. Lì diventa speciale. PS Ho letto troppo Stephen King, eh?
Tu e l’Appennino emiliano, un rapporto viscerale, come si intuisce anche dalle pagine del libro. Ora che vivi altrove, quanto ne senti la mancanza? Ci torni spesso?
Testa a Treviso, cuore in Appennino. Spesso dico così di me. Mia mamma vive ancora a Zocca, nonostante i miei ripetuti inviti a raggiungermi in Veneto. Torno da lei almeno una volta al mese – neve permettendo. Ho lì il mio rifugio sicuro. Ammesso e non concesso che i rifugi sicuri esistano…
Ho letto in giro che scrivendo “Venti corpi nella neve” hai pagato un debito morale, ce lo spieghi?
Le ferite lasciate dall’ultimo inverno della seconda guerra mondiale sono numerose e profonde, in Appennino. Ogni famiglia ha un suo ricordo doloroso (almeno uno), ogni angolo di strada porta qualche segno. Ogni paesino ha il proprio cippo, stele o monumento dedicato a quel periodo. Ho pagato un tributo a questa sofferenza, a questa storia poco nota. Una storia di terra e di uomini.
Serra ed il suo creatore sono grandi appassionati di musica, in particolare di Francesco Guccini. Hai avuto modo di incontrarlo?
Le decine di concerti a cui sono stato valgono? No? Allora no, non l’ho mai incontrato. I miti si venerano da lontano. Già sono stato introdotto, durante una presentazione, da Loriano Macchiavelli. E l’emozione è stata immensa. Una persona deliziosa, e un vero mito per tutti noi che proviamo a scrivere gialli. Poi, per essere sinceri, Guccini è più mio che di Roberto. Roberto è onnivoro, ha una conoscenza enciclopedica dei cantautori italiani che gli invidio. I “poveri miti” in cui riverso la mia “fede cieca” sono Guccini e pochi altri.
Visitando il tuo profilo su Facebook, ho notato che hai una passione per i vini, sei un'intenditore?
Appassionato, più che intenditore. Mi sono diplomato sommellier AIS ma solo per capirne un po’ di più. I due oggetti che vorrei nella mia casa: bottiglie di vino e libri. La persona: mia moglie. Ecco, dopo potrei dirmi un uomo felice. E completo.
Adesso sei in giro per le presentazioni del romanzo. Come ti trovi faccia a faccia con il pubblico?
Molto, molto appagante. Spesso nascono discussioni che mi arricchiscono davvero. Mi piace quando la gente mi sommerge di domande, quando vedo interesse per quella pagina di storia sconosciuta e “minore” (ma minore per chi?).
Una domanda classica : hai qualche autore di riferimento?
Da lettore onnivoro, millanta e millanta. Abbiamo citato King e Macchiavelli e Guccini. Aggiungo Michael Connelly, il cui Harry Bosch è – secondo me – la miglior figura di investigatore dei giorni nostri. Ma andiamo indietro. Indietro indietro eh! Omero, intendo. Chi può dire di avere inventato trame originali dopo di lui? E i tragediografi, a partire da Euripide. Anche se l’immanenza del destino che ho voluto mettere in Venti corpi nella neve è più vicina Sofocle. Ok, la smetto.
Hai già iniziato a scrivere la nuova avventura del commissario Serra o vuoi creare altri personaggi?
Ho già iniziato a fare entrambe le cose. Roberto Serra ha ricominciato a svegliarmi per danzare qualche mese fa, prima dell’uscita di Venti corpi nella neve. Decide lui, come ti dicevo. E ho quasi pronto un romanzo “stand alone”, quindi fuori dalla serie di Roberto Serra. Temi? Segreto. Un piccolo indizio: se in Venti corpi nella neve il sentimento forte che sta sotto alla storia è il desiderio di vendetta (col corollario dell’incapacità di dimenticare), nel secondo Serra sarà la follia di pensare che esistano uomini superiori ad altri uomini (col corollario delle teorie di esistenza di razze superiori e inferiori). Nello “stand alone” è, invece, il desiderio di potere assoluto, potere per il potere (col corollario del controllo dell’informazione…). Chiaro no? No? No.
C'è una canzone che vorresti mettere come colonna sonora al tuo libro?
Due. Una che non ho potuto inserire nel romanzo perché sarebbe stato un errore cronologico: “Su in collina” di Guccini, che mette in musica e traduce una poesia dialettale di Gastone Vandelli. E “Generale” di Francesco De Gregori. Soprattutto il verso: “…si va dritti a casa senza più pensare che la guerra è bella anche se fa male…”
Grazie Giuliano, ci sentiamo alla prossima uscita, e in bocca al lupo per TUTTO!
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