Autore: Arnaldur Indridason Traduzione di Silvia Cosimini Pagg. 312 Narrativa Collana: Narratori della Fenice |
In una fredda sera d’autunno una donna viene trovata impiccata nella sua villetta estiva a Pingvellir. Tutto sembra confermare l’unica ipotesi plausibile: suicidio. Ma quando Erlendur Sveinsson, detective della polizia di Reykjavík, viene in possesso della registrazione di una seduta spiritica alla quale la donna aveva partecipato poco prima di morire, prova il bisogno irrefrenabile di conoscere la sua storia e di scoprire perché la sua vita si è conclusa in maniera tanto tragica e improvvisa.
Emergono così, a poco a poco, i retroscena del suo gesto: l’annegamento del padre, avvenuto molti anni prima in circostanze poco chiare, fa da sfondo a oscuri presagi di morte e all’ossessione della donna per l’aldilà e per certe strane «presenze». Nel frattempo, Erlendur riprende in mano alcuni vecchi casi di persone scomparse senza lasciare traccia. Un pensiero fisso percorre silenzioso le sue indagini: la nostalgia straziante per qualcuno che si è perso chissà dove e non è più tornato a casa. Vero e proprio lupo della steppa, antieroe scettico e ombroso, il detective islandese riflette sul filo sottilissimo che divide la vita dalla morte, sulla tensione fra il destino e le scelte che possono modificare per sempre la nostra esistenza. I laghi islandesi, placidi e funesti, sono gli enigmatici protagonisti di questo autunno nordico: quando si trova il coraggio di guardare oltre la superficie, nodi invisibili e lontanissimi si riallacciano, e i fantasmi trovano finalmente pace.
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