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Aveva ragione Edgard Lee Masters
Ho cancellato tutte le tue fotografie. Ogni cartella, ogni singolo file. Tutte. Tranne quella che ti ho scattato ieri sera. Ho bruciato nella vasca da bagno quelle stampate. Con data e luogo scritte a mano sul retro (la tua calligrafia rotonda, i puntini troppo grandi). Le ho bruciate dopo averle guardate un'ultima volta…cercando. Chissà cosa. Illudendomi di trovare risposte senza ricorrere alla voce. Traducendo espressioni del volto e posture in parole. Le ho distrutte perché non sopportavo di vederle disposte sul tavolo ovale del soggiorno, in cronologica sequenza. Giorni, mesi e anni cancellati dal calendario. Tasselli di un mosaico andato in pezzi. Consumato dal tempo.
Anche l'amore. Si consuma.
Lentamente, a volte. Come colla secca che non appiccica più, lasciando solo tracce sbiadite. Ricordi. Difficile da raschiare via. Impossibili da eliminare come le macchie d’olio sul marmo e sul pavimento di cotto. Altre volte, non si consuma…brucia. In un attimo, come la carta sottile che avvolge le arance. Prende fuoco, si alza verso il cielo e pare non voler mai tornare giù. Ali aperte. Senza pista d'atterraggio. Alianti che seguono il vento e sembrano sospesi, agganciati a chissà quale invisibile filo. L’illusione che. Sia per sempre (esiste questa parola?) Cade, invece.
Come i bambini. Le ginocchia sbucciate.
Sembra eternità, sono solo attimi. Cenere. Impalpabile e destinata a confondersi. Annullarsi. Confusa con la polvere che si forma negli angoli (pericolosi, può succedere ogni cosa dietro a una curva che esclude lo sguardo) e si nasconde sotto i tappeti. Mischiata alla sabbia che pizzica gli occhi. Umidi. I tuoi erano grandi nelle fotografie. E sorridevi. La testa leggermente inclinata di lato. Sempre una ciocca di capelli fra le dita.
Non ho mai prestato attenzione. Ai particolari.
La bocca piccola. Le labbra appena disegnate. Un piccolo spazio fra gli incisivi. Il neo sotto l'occhio destro e una volta mi hai detto che ti sarebbe piaciuto toglierlo. Non l'hai mai fatto perché la tua pelle, troppo bianca, non cicatrizza bene.
Eri bella, in alcune fotografie. In altre…quasi brutta. Hai una bella voce. Non si vedeva quella, ma non posso (non voglio?) dimenticarla.
Mi mancherà la tua voce.
Le vocali strette e quella leggera cadenza che ti porta a trascinare l'ultima vocale di ogni parola. La erre arrotata, troppo, esagerata…così diversa dalla mia. Che scivola, inconsistente. Dici sempre che è buffa e mi fai ripetere quel terribile scioglilingua…orrore, orrore, un ramarro marrone.
Quando ridi. Sembri una bambina.
Ho bruciato tutte le tue fotografie. Ho dato loro fuoco insieme ai tuoi vestiti. Quelli nell'armadio che non hai fatto in tempo a riporre nella valigia sul letto…ancora aperta. Come la bocca di un bambino la mattina di Natale (l’attesa, lo stupore…la delusione, chi mette i doni sotto l’albero?) M'è rimasta solo la fotografia che ti ho scattato ieri sera. Nella stessa posizione in cui ti vedo adesso. Immobile, abbandonata sul divano. Gli occhi aperti e le labbra socchiuse. La domanda, appesa, che non hai fatto in tempo a porre. La macchia rossa a forma di fiore, i petali sparsi sul petto. Rossi, di sangue. Le mani aperte, il palmo rivolto verso l'alto.
Come se ti stessi offrendo.
Guardo la tua foto.
Ti guardo. Immagini che coincidono simmetriche e perfettamente sovrapponibili. La valigia è sul letto e tu non sei partita. Oggi sei bella, anche se non sorridi. Non parli e il tuo seno non si solleva seguendo il ritmo del respiro (muto). Non mi avvicino. Voglio solo guardarti. Per tutto il tempo che voglio, quello che necessita. Forse, questa è la tua fotografia che preferisco.
Perché non ti ho mai sentito così…mia.
Musiche Fotografie e testo a cura di Ferdinando Pastori
La bocca piccola. Le labbra appena disegnate. Un piccolo spazio fra gli incisivi. Il neo sotto l'occhio destro e una volta mi hai detto che ti sarebbe piaciuto toglierlo. Non l'hai mai fatto perché la tua pelle, troppo bianca, non cicatrizza bene.
Eri bella, in alcune fotografie. In altre…quasi brutta. Hai una bella voce. Non si vedeva quella, ma non posso (non voglio?) dimenticarla.
Ti guardo. Immagini che coincidono simmetriche e perfettamente sovrapponibili. La valigia è sul letto e tu non sei partita. Oggi sei bella, anche se non sorridi. Non parli e il tuo seno non si solleva seguendo il ritmo del respiro (muto). Non mi avvicino. Voglio solo guardarti. Per tutto il tempo che voglio, quello che necessita. Forse, questa è la tua fotografia che preferisco.
Perché non ti ho mai sentito così…mia.
“Perché c’è qualcosa nella morte che è come l’amore1”
1 “William E Emily” - Antologia di Spoon River. Edgar Lee Masters
www.ferdinandopastori.com
Ferdinando Pastori è anche autore del libro "Nero imperfetto"
Intervista a Ferdinando Pastori
Lo staff di thrillerpage vi prega di
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e di commentare il racconto.
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6 Lascia un commento:
E' il primo incontro con questo autore. Mi colpisce lo stile, dalle frasi brevi e 'parlate', dirette verso l'interlocutore. E poi il detto e il non detto: si intuisce con chi sta parlando il protagonista e cosa può aver fatto, ma non c'è conferma, solo quest'ultima foto che rimane della donna e il cui contenuto viene suggerito dalla prima immagine del video (almeno a me). Molto interessante questo connubio fra parole e musica
Trovo che la colonna sonora di questo racconto sia perfetta per dare un ritmo anche alla lettura. Racconto veramente bello ed interessante: un flusso di pensieri e idee, di cose che forse il protagonista non era mai riuscito a dire alla sua compagna. Veramente un bel racconto!!!
Lo leggi e. Ti concentri, cerchi, in cerchi concentrici, una via di fuga. Bel racconto. Asciutto, psichedelico... narrato con una voce roca, ma che racchiude in sé gli armonici del vinile. Bella, Ferdy!
La musica è lamia preferita e accompagna degnamente parole che ti entrano dentro Complimenti all'autore!
Pastori riesce, mentre scrive una cosa a suggerirne un'altra. Una storia profonda, che racconta la fine di un sentimento espressa per immagini e con un linguaggio essenziale ma ricchissimo.
Inizialmente mi sembrava un racconto "spezzettato" poi invece dopo la prima volta, l'ho riletto la seconda. Mi ha dato una bella sensazione, sembra di vedere e ascoltare una bella sequenza di immagini fotografiche/musicali che hanno un buon ritmo.
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