Dati 2011, 272 p.
Editore Meridiano Zero
TRAMA: Minnesota: fra i campi di granturco coperti di neve e il vento che fischia fra gli alberi Billy Lafitte cerca un nuovo inizio sulle pianure ghiacciate. È stato nominato vicesceriffo nella contea di Yellow Medicine, ma per uno come lui quel posto è solo un purgatorio. Perché Billy viene dal Golfo del Mississippi, è un uomo del Sud, tutto temperamento e testosterone, e fatica a capire le leggi rurali che regolano i rapporti fra gli abitanti delle terre del Nord e i Sioux dei casinò. In un universo popolato da perdenti e ubriaconi, medici alcolizzati e guardie del corpo corrotte, Lafitte è una mina vagante. E quando Drew, la ragazzina che gli ha acceso il sangue, gli chiede di rintracciare il suo fidanzato, non se lo fa ripetere due volte.Troverà Ian quasi subito in un dormitorio studentesco ma il ragazzo, che è a letto con un’altra, è già finito in un mare di guai: marchiato con un ferro da mandriani, è ora sul libro nero di una gang che sta progettando di fare del Minnesota la nuova raffineria di metanfetamine degli States. Ma se è vero che ogni indagine ha un prezzo, ficcare il naso in questa costerà a Billy molto caro, perché Ian e la sua nuova fiamma scompaiono e quando lui torna al college trova ad aspettarlo una testa mozzata e un manipolo di scalcagnati terroristi che ha l’obiettivo di ucciderlo.
Narrato in prima persona, intriso di humour nero e cinismo, Yellow Medicine è un formidabile pastiche di genere in cui la visione manichea e retrograda di un antieroe americano si fonde con le atmosfere dark della provincia più rurale e retriva. Ne emerge una storia che ha l’aroma ferroso del Thompson più crudele e l’onirica violenza di Fargo dei fratelli Coen.
Narrato in prima persona, intriso di humour nero e cinismo, Yellow Medicine è un formidabile pastiche di genere in cui la visione manichea e retrograda di un antieroe americano si fonde con le atmosfere dark della provincia più rurale e retriva. Ne emerge una storia che ha l’aroma ferroso del Thompson più crudele e l’onirica violenza di Fargo dei fratelli Coen.
La prima recensione su Thrillerpage di Michele Fiano, a cui do uno speciale benvenuto sul blog dei thrilleristi!!:
Non è semplice dare in pasto qualcosa di accattivante e originale ai cultori della letteratura di genere, soprattutto se i tuoi numi tutelari e, va da sé, gli autori verso la cui scrittura aspiri hanno i nomi — apprendiamo dal blog di Anthony Neil Smith — di James Lee Burke, James Crumley, Chester Himes, James Ellroy et similia. L’autore, al suo esordio in Italia, dà prova d’esserci riuscito, proponendo una storia che per la natura dei luoghi e dei personaggi nonché per l’inquietante e sottovalutato tema trattato, regalerà di sicuro agli estimatori di hard boiled ben strutturati delle ore di adrenalinico intrattenimento.
Possiamo considerare la vicenda narrata comparabile a quella che anima Notte di sangue a Coyote Crossing del collega Victor Gischler, altro autore di culto della scuderia Meridiano Zero. Anche inYellow medicine infatti spari ed esplosioni fanno da colonna sonora alle dinamiche narrative che scorrono a velocità sostenutissima su binari affini a quelli percorsi da Gischler. Ma il protagonista, Billy Lafitte, vice sceriffo della contea che dà il nome al libro, ha caratterialmente poco o nulla in comune con l’aiuto sceriffo di Coyote Crossing, Toby Sawyer, un personaggio decisamente positivo. Quello rappresentato da Smith invece non si può certo considerare uno stinco di santo: è un trentatreenne “duro come l’acciaio, un tripudio di baffi e basette” originario del Mississippi che a seguito del disastro provocato dall’uragano Katrina commette vergognosi atti illegali che lo costringeranno a cambiare aria e a dare un taglio col passato, nascondersi da esso e cercare di costruire un futuro migliore, ma non per il prossimo, solo per se stesso.
Cerca di dare una svolta alla sua vita, anche se con scarsi risultati, nel Minnesota; grazie ai favori del cognato, sceriffo della contea di Yellow Medicine, ottiene il posto di vice ma i blandi propositi di riabilitarsi vengono intralciati da una serie di eventi che, se in un primo momento appaiono come conseguenze degli intrallazzi che ha con i produttori locali di metanfetamina, si rivelano in realtà la fonte dei guai che lo scombussoleranno nel corpo e nell’anima per motivi del tutto inaspettati e impensabili.
In prima persona, Billy Lafitte, racconta dapprima come si fa strada nel nuovo ambiente, un Minnesota in disgelo primaverile e ancora maledettamente freddo, con una voce caustica che diverte in più occasioni il lettore; oltrepassa spesso — anche se per innocue incursioni — il confine di quella legalità che dovrebbe far rispettare. Insomma Billy è quasi feccia, quasi white trash, ma c’è gente peggiore di lui in giro, gente che cova un odio profondo: piccole cellule terroristiche inquietano ed invadono la tranquilla esistenza dell’americano medio, che non si aspetta che nel Minnesota gli estremisti musulmani creino grane, figurarsi ritrovarsi ad avere a che fare con attentati “a grappolo” nelle piccole contee o con le numerose teste mozzate che rotolano in vari frangenti del libro.
Forse la prova principale tra le tante sanguinarie sfide che affronta il vice Lafitte, è proprio il cercare di dimostrarsi un gradino al di sopra delle persone con le quali combatte in quella che è una vera e propria guerra che vede protagonisti i cattivi contro altri cattivi. Billy si chiede: vale la pena battersi per un ideale? O è meglio morire di noia? A noi lettori se capitano libri così avvincenti difficilmente toccherà la seconda alternativa.
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