Recensione a cura del lettore Piergiorgio Vigliani
“La scatola nera” di Michael Connelly è il thriller Piemme recensito quest'oggi da ThrillerPages per la rubrica Le recensioni dei Lettori
Leggere un romanzo di Michael Connelly è sempre un piacere: un po’ come ritrovare un vecchio e carissimo amico.
Giunto al 25° romanzo, il 17° con Harry Bosch protagonista (se non ho sbagliato i calcoli), Connelly non si smentisce e costruisce una storia poliziesca credibile ed avvincente, che non ha bisogno di cercare ad ogni costo la “mossa ad effetto” per sorprendere il lettore, ma che si basa su un’accurata ricostruzione delle indagini e su meccanismi narrativi ben oliati, quasi fossero gli ingranaggi di un orologio appena uscito dalla fabbrica.
Bosch, il vecchio “topo di galleria”, è sicuramente invecchiato. Il fisico non è più quello di una volta e la disillusione che lo ha sempre accompagnato nel corso degli anni è diventata ormai una sorta di biglietto da visita, capace di emergere nei momenti più inaspettati. Ma, allo stesso tempo, il suo carattere si è sicuramente addolcito: la presenza al suo fianco – da un paio di romanzi a questa parte – della figlia Maddie lo ha reso più umano, più responsabile e, forse, più consapevole dei suoi limiti e delle sue debolezze.
Rientrato in servizio dopo il pensionamento con una sorta di contratto atipico, lavora all’unità “crimini irrisolti” (i cosiddetti cold case) e deve riesaminare pratiche lungodegenti, riaprendo indagini per cui non è mai stato individuato il colpevole. Ed ora si ritrova alle prese con un vecchio caso di omicidio: quello di una fotografa danese uccisa vent’anni prima, nel corso delle sommossa avvenuta a seguito della vicenda “Rodney King”. Un’indagine a cui aveva già lavorato in prima persona senza arrivare ad alcunché.
La trama è ben costruita: un puzzle in cui, nel fluire avvincente della narrazione, ogni tassello va ben presto al suo posto. L’indagine poliziesca è accurata e descritta in maniera meticolosa (frutto dei trascorsi dell’autore come “Cronista di nera”).
Michael Connelly non cerca mai il colpo di scena plateale alla Deaver; preferisce la politica dei “piccoli passi”. Il progresso delle indagini può essere graficamente rappresentato come una retta che, partendo dall’origine, procede verso l’alto con una inclinazione minima ma senza mai arrestarsi… ovviamente fino al punto d’arrivo (la soluzione dell’enigma).
Non è esagerato sostenere che Connelly sia una spanna superiore a tutti gli altri thrilleristi in circolazione. L’innata capacità di mantenere un’onestà intellettuale rara in parecchi scrittori è la sua forza più grande: con un talento indiscutibile, unito alla conoscenza approfondita della materia, riesce a rendere credibile ed allo stesso tempo appassionante ogni vicenda che nasce dai meandri della sua immaginazione.
Ed i suoi romanzi non sono mai “fini a se stessi”, ma densi di significati e con ottime descrizioni di personaggi, ambientazioni e stati d’animo.
Come ha scritto un famoso critico e giornalista italiano: “Quelli di Connelly sono thriller con l’anima”.
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