Pagine

martedì, aprile 2

RIFIFI' - a cura di Stefano Di Marino

Tony il laureato ha un aspetto ingannevole. Lo vediamo sofferente, mal rasato, senza un soldo dopo una notte passata al tavolo da gioco in compagnia di lestofanti poco affidabili e men che mai disposti a dargli credito. Ha l’aspetto di un omino qualunque, uno sconfitto. Invece è un vero duro. S’è fatto 5 anni senza cantare, assicurandosi così il rispetto di Jo, un giovane  ‘truand’ del cui figlio è padrino. Quando ritrova l’amata Mado che si è rifatta una vita nel locale dei fratelli Grutter, la prende implacabilmente a cinghiate. Sì, un po’ si commuove quando capisce che lei non l’ha tradito ma alla fine rimane un  dur a cuire. Il tipo giusto cui affidare l’organizzazione di un colpo perfetto che potrebbe dare a tutti ciò che desiderano. Dopo qualche tentennamento Tony accetta e, oltre a Jo entrano in gioco Cesare (che è lo stesso Dassin con lo pseudonimo Perlo Vita e che nella versione originale è Il Milanese, mentre nella versione nostrana diventa Marsigliese) gran scassinatore ma con un debole per le donne facili e pericolose e Mario, un altro italiano con una bella amante e la passione per la canzone napoletana.  Dassin, in fuga dall’America  dove era stato inserito nelle  liste nere per sospette attività filocomuniste  ebbe non pochi problemi con questo film che ancora fa storia. Budget ridicolo (non si vede) e soprattutto grossi diverbi con Auguste LeBreton autore dell’omonimo e molto più complesso romanzo. La ragione del contendere fu proprio lo sfrondamento di alcune parti della storia originale che è un affresco della mala  parigina anni ‘50 e che, forzatamente, si riduce a un film già piuttosto lungo centrato sul colpo alla gioielleria. Tra l’altro pare che LeBreton  si fosse presentato a discutere con il regista con la sua ‘berta’. Alla fine fu trovato un accorto e anche un’idea geniale. La sequenza del colpo, che in effetti viene portato a termine senza violenza e con una precisione millimetrica, diventa un piccolo capolavoro di cinema della tensione. 32 minuti scanditi solo da rumori soffusi, primi piani tecnici e umani. Un esempio mai  uguagliato anche se di Rififi, nei romanzi e al cinema, ce ne furono parecchi altri. Ma… Rififi non è solo rapina. Indica un tafferuglio, un inghippo di violenza, passioni e soldi. Una parola che non si trova nei vocabolari come canta la sciantosa Viviane interpretata da magali Noel in un bellissimo numero di musica e danza nel locale dei  Grutter. Come sempre il ritratto della Parigi malavitosa degli anni 50 è preciso, trova scorci della città inediti, passa dai locali di lusso agli appartamenti più squallidi, dai passages stretti ai larghi viali della banlieue e arriva sino alla defense. Una volta messo a segno il colpo, però cominciano i guai perché la legge del cinema è implacabile. Le storie di rapina sono destinate a finire male. I Grutter (tra i quali riconosciamo anche un giovanissimo Robert Hossein che anche allora faceva davvero paura) intuiscono che dietro il colpo favoloso c’è Tony ed essendoci ruggine tra il maggiore dei fratelli e ‘il laureato’ per via di Mado, si passa presto alle vie di fatto. Causa di tutto il pasticcio è proprio Cesar che offre un anello troppo vistoso alla cantante Viviane e così si tradisce. Torturato , parla portando quindi alla morte di Mario e della sua bella. Da qui il rapimento del figlio di Jo che darebbe tutto il malloppo per salvare il bimbo. Tony giustizia Cesar che si lascia uccidere consapevole della sua colpa ma è convinto che i Grutter non molleranno mai il bambino. Si mette quindi in caccia da solo e proprio grazie a Mado risale allo spacciatore che rifornisce di cocaina il giovane Grutter. Recupera il piccolo ma ormai Jo, disperato, è caduto in trappola. Il giovane muore ucciso dal più grande dei Grutter, furibondo per la morte dei fratelli , uccisi da Tony poco prima. Quasi una resa dei conti da film western il duello nella villa in costruzione alle porte di Parigi. Tony la sfanga ma si becca una pallottola nel polmone. Con le ultime forze riporta il grisbì e il Bimbo sino  acasa della madre poi muore per strada solo, pur in mezzo alla folla. Girato in poche strade, con attori perfettamente aderenti al ruolo Rififi chez les hommes(ci fu anche un Rififi chez les Fammes sempre da LeBreton) è un film ancora oggi magnifico e se è pur vero che tutto ruota intorno al colpo riesce a dare una immagine d’insieme della mala parigina poche volte superata.


Articolo a cura di Stefano Di Marino/Stephen Gunn


Nessun commento:

Posta un commento